L'Unione Sarda
23 Marzo 2002

Un romanzo di Carmine Abate per Mondadori dove s’intrecciano riti e miti

Tra due mari

di
Guido Caserza


Chi volesse oggi capire quale sia la via migliore per vivere con intelligenza la propria identità e al contempo arricchirsi culturalmente dovrebbe leggere i romanzi di Carmine Abate, un albanese d'Italia, nato nel 1954 a Carfizzi, piccola comunità della Calabria ed emigrato da giovane in Germania. L'autore ha esordito nel 1991, pubblicando Il ballo tondo da Marietti, nel 1999 ha fatto uscire La moto di Scanderbeg da Fazi e ora è approdato alla Mondadori con il nuovo romanzo Tra due mari (pp. 1199, euro 14,60). In mezzo una raccolta di racconti (Il muro dei muri, Argo, 1993) e poesie (Terre di andata, Argo, 1996).Attraverso questi libri Abate restituisce l'affresco di una cultura e di una popolazione composita, mescolando i dati dell'epopea albanese con quella dei germanesi, i riti arbëreshë con le tradizioni calabresi, sempre con una sensibilità acuta ma mai struggente. I personaggi dei romanzi di Abate, in bilico fra sradicamento e attaccamento alle radici non concedono infatti nulla alla nostalgia di genere : mai un cedimento verso il bozzettismo, tipico della narrativa d'emigrazione, mai un ammiccamento al lettore o una concessione al patetismo. Caso mai, troviamo in Abate la capacità di conciliare linguaggi e culture diverse, ed è questa la via all'arricchimento di cui dicevamo sopra : la mescolanza delle genti e dei linguaggi, la rivendicazione della propria identità senza per questo rivendicare la purezza della propria etnia.Veniamo dunque a questo nuovo romanzo che è, a nostro parere, l'espressione più matura della narrativa di Abate. Innanzitutto notiamo la nuova ambientazione : non più il microcosmo immaginario di Hora, il paese di lingua e cultura arbëreshë della Calabria più povera dei precedenti romanzi, ma un altro paesino, Roccalba, collocato fra Ionio e Tirreno. Vi si fermò Alexandre Dumas, alloggiando nell'ottobre del 1835 alla locanda Fondaco del Fico, distrutta dalle truppre regie e che il settantenne Giorgio Bellusci sogna di ricostruire.Ma in questo nuovo romanzo calabrese Abate ha introdotto anche un nuovo elemento sventuratamente storico : la 'ndrangheta, che impone a zu' Giorgio Bellusci la legge del pizzo. E qui lo snodo narrativo è epico e improntato a sfrenato vitalismo : Bellusci uccide il mafioso che lo minaccia e lo appende ad un gancio della sua macelleria. Sconterà otto anni di carcere ma non per questo abbandonerà il suo sogno, coinvolgendo nell'impresa il nipote Florian, nato e cresciuto ad Amburgo. L'ingresso in scena di Florian, che è poi l'io narrante, determina una svolta narrativa e tematica molto importante : il romanzo si arricchisce infatti del motivo del rapporto fra le generazioni, che è un rapporto anche conflittuale, poiché il giovane da principio non condivide il sogno del nonno. A partire da questo punto Abate districa con grande abilità i fili di un initreccio sempre più ricco di snodi e di personaggi. Memorabile la figura del fotografo tedesco Hans Heumann che avrà un ruolo decisivo nella riedificazione del Fondaco del Fico e che con il suo obiettivo ha immortalato i paesaggi arcaici della Calabria. Notevole anche l'equilibrio strutturale del romanzo che ruota attorno al tema principale del viaggio : i capitoli sono infatti scanditi sui percorsi Germania-Calabria di Florian e dei suoi familiari mentre alla tradizione orale sono affidati i racconti del passato, come la sosta di Dumas all'antica locanda che è, a ben vedere, il racconto archetipico sui cui poggia questo romanzo, la cui conclusione ha l'amara dolcezza di un apologo disincantato, di chi nulla vuole concedere alle facili lusinghe della propria terra d'origine, probabilmente per averla troppo amata.