Tra due mari A Roccalba, in Calabria, c’è un sogno. Non un sogno qualunque: perché di sogni ne abbiamo tutti. Magari li accarezziamo un attimo prima di addormentarci, oppure li portiamo a spasso come se fossero palloncini, sospesi nel cielo, belli da vedere ma forse troppo lontani, tanto che a volte apriamo la mano, lasciamo il filo e magari non restiamo neanche a vedere il palloncino scomparire in lontananza. Troppo spesso non siamo in grado di dare centralità ai sogni, ma li degradiamo a misurare la nostra neghittosa insoddisfazione. Una cosa molto diversa è invece fare del sogno La forza che per la verde miccia spinge il fiore (leggete l’intera poesia). Il sogno che non rimane schizofrenicamente e scheletricamente nell’armadio, ma che uniforma le azioni della nostra esistenza. In questo romanzo bello e vitale, Carmine Abate (che i lettori di Traspi.net hanno già conosciuto per il Campiello 2004) ci descrive proprio quel tipo di sogno: quello che mette i binari alla vita. È il sogno di Giorgio Bellusci: riaprire il Fondaco del Fico, una locanda un tempo gestita dalla sua famiglia, ora poco più di un rudere. Di lì è passato anche Alexandre Dumas, dimenticando pure un quaderno di appunti, ora gelosamente custodito da Giorgio Bellusci in uno scrigno di legno. La storia di Giorgio Bellusci è la spina dorsale attorno alla quale si avvitano tutte le altre. Quella di suo nipote Florian, nato da sua figlia e da Klaus Hausmann. Come ha fatto una donna di un paese al centro della Calabria a sposare un tedesco? Be’, un giorno, Giorgio Bellusci, mentre andava a Bari per chiedere una ragazza in sposa, ha incontrato Hans Hausmann. Che poi è diventato un fotografo famoso, anche grazie ai chilometri percorsi insieme a Giorgio Bellusci. Come vedete, bastano due spruzzi di trama per intravedere fiumi di storie. Questo è uno dei punti forti del libro: la sua dimensione fortemente narrativa. Una cosa è sicura: qui di storie ce ne sono. La struttura del libro le segue andando avanti e indietro nel tempo, riuscendo a lasciarci sempre un po’ sospesi, come scartando un regalo che a sua volta, come una matrioska, ne nasconde un altro. Ma sempre i brevi cenni di prima danno valore e forza alla prima parola del titolo: tra. Se Giorgio Bellusci è un personaggio assolutamente, centralmente e carnalmente radicato nella sua terra, Florian, suo nipote è già un’anima divisa in due. Vive ad Amburgo, Germania. All’inizio vede i viaggi a Roccalba soltanto come un appiccicoso e inevitabile abbraccio d’afa. Non solo quindi tra due mari, ma tra due patrie, due cieli, due culture. Per lui è difficile capire Giorgio Bellusci, il suo sguardo sgherroso. Ma è proprio attraverso gli occhi di Florian che poco a poco le vicende del passato si incastrano nel mosaico del presente. E alla fine, la Calabria sarà il suo destino. Carmine Abate ancora una volta sa rendere con perfetta aderenza quel particolare momento nella vita che è il guado dell’adolescenza, i rapporti forti e tormentati coi genitori, gli inevitabili momenti oscuri di questo rapporto comunque complicato. Inoltre, la vicenda di Florian, al di là della dimensione che ha nel libro, assurge a simbolo di una terra in cui l’emigrazione e lo sradicamento sono realtà con cui si deve quotidianamente fare i conti. Così come le vicende del Fondaco del fico ci faranno affacciare sull’altrettanto drammatico problema della legalità e del pizzo. Ma la bravura di Abate sta nel non fare del libro un teorema, o un pamphlet. Non è che le storie esistono perché discendano da una volontà di denuncia. Piuttosto, prima di tutto ci sono le storie, che, di fianco, ci danno anche altro. Un’ultima citazione per un altro dei temi forti del libro: le storie d’amore. Forti, fulminanti, carnali: ci muoviamo soprattutto in quella regione del territorio d’amore che ha a che fare con la sua dimensione profonda, di attrazione inevitabile e inspiegabile.
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