Il Domani
Domenica 18 giugno
2000 - pag. 26
Presentati in Biblioteca due libri di Carmine Abate: “Il ballo tondo” e
“La moto di Scanderbeg”
Tra
i paesi dell’arbereshe
Protagonista
l’epopea calabrese dai fatti di melissa agli emigrati
Alba Olanda Colosimo
Secondo appuntamento con autori
calabresi nella Biblioteca comunale di Catanzaro. Presentate due opere di
Carmine Abate: “Il ballo tondo” e “La moto di Scanderbeg”. Dopo i
saluti di Maria Teresa Stranieri, sempre disponibile ad ospitare
manifestazioni culturali, è intervenuto il vicesindaco Aldo Costa,
ricordando come questo sia già il terzo anno dedicato a far conoscere le
opere di autori calabresi affermati in campo nazionale. La presentazione dei
libri è stata curata da Corrado Iannino per dieci anni presidente del
circolo culturale “Giuseppe Gangale”, che ha messo in evidenza come, nei
testi di Abate, si mescolino fantasia e realtà, rapsodie antiche e problemi
sociali, con sublime equilibrio, in un lessico inusuale, mescolanza di
arbereshe, italiano, dialetto calbrese e tedesco, con un'assonanza musicale
che parla al lettore da sola. “Il ballo tondo”, del 1991, è oggi alla
seconda edizione. É stato pubblicato in Germania, Albania ed in Kosovo. Una
curiosità: in Albania il romanzo è stao tradotto e pubblicato con la carta
riciclata da documenti staliniani. É la storia della comunità arbereshe in
Calabria, narrata dal giovane Costantino, figlio del ‘mericano Francesco
Avati. Secondo Corrado Iannino c'è molto di autobiografico nel racconto del
ragazzo, anche se altre “voci”, altri personaggi popolano la scena, dalle
sorelle Orlandina e Lucrezia coi loro tormenti amorosi, al maestro Carmelo,
con le sue passioni. Per Iannino Abate compie una rilevante operazione
culturale: riporta il mito alla sua attualità, “il mito come fatto
vivo”.
“Il messaggio di Abate non è un manifesto etnico, né il solito lamento
nostalgico”. Lo stesso scrittore col suo intervento precisa come non vuole
dimostrare alcuna tesi, né antropologica, né sociologica, né politica.
“Mi piace raccontare delle storie che ho ascoltato da piccolo a Carfizzi,
dalla viva voce di vecchi: sono loro i miei modelli letterari. Voglio evitare
ogni retorica e vittimismo: i fatti che parlano da soli. Per me l'emigrazione
è sempre legata alla costrizione; in seguito si rivela una ricchezza,
un'occasione di crescita sociale e culturale”.
“La moto di Scanderbeg”, che ha sfiorato la selezione nella cinquina del
Premio Campiello, evidenzia, senza alcuna retorica, la passione civile di
Abate, sempre in equilibrio, come sottolinea un testimone dei fatti di
Melissa descritti nel libro, il senatore Poerio, “tra mito e realtà”.
Anche in quest'ultima opera c'è il personaggio guida, Giovanni Alessi, con
le sue passioni, il suo amore per Claudia “prodotto abbastanza tipico
dell'Occidente avanzato”, il suo impatto duro col problema della forzata
emigrazione, il mondo tedesco, ed i continui richiami al paese natio,
attraverso la madre. Il ricordo delle stragi di Melissa rimane un limite
insuperabile, anche attraverso il figlio del latifondista, ormai amico e
“compare” di tutti, nel paese. Il linguaggio, la sintassi, è quella di
sempre, perfettamente equilibrata, armoniosa, originale, in cui assonanze
italiane, calabresi, si mescolano a voci rapsodiche arbereshe. L'antico
problema dell'emigrazione affiora sempre come una minaccia forzata, “non la
volontà propria di andare nel mondo grande, ma una fatale via da seguire: se
ti dicono di partire, resta; se ti dicono di restare, parti”.
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