Il
Messaggero
Martedì, 6 giugno 2000
Il
Segnalibro
Abate,
se la tradizione si scontra con la realtà
di Renato Minore
Una gran bella sorpresa rileggere
( o leggere, perché all'inizio degli anni Novanta il libro scivolò
inosservato o quasi) Il ballo tondo, primo romanzo di Carmine Abate
riproposto ora da Fazi (216 pagine, 22.000 lire). Abate è uno scrittore
italo-albanese nato a Carfizzi, paese calabrese di origine e cultura
albanese, il quale vive da molti anni nel Trentino. Il ballo tondo: ovvero la
storia della comunità arbresh di Hora e della famiglia Avati, il cui
repertorio mitopoietico è completamente alimentato dalla propria tradizione
che cerca di resistere all'aggressione dei tempi. Prima di tutto, la storia
leggendaria di Scanderbeg, l'eroe della resistenza contro i turchi, e
l'immagine dell'aquila bicipite il cui volo si imprime nella mente di
Costantino, sedotto dalle antiche suggestioni affabulatorie e depositario
nonché incantato interprete di esse. Ed è la famiglia di questo ragazzo,
poi adolescente, a dominare in quello che è a sua modo un singolare romanzo
di formazione: il protagonista vive infatti l'esperienza di iniziazione dell'esitenza,
dominata dal passato del mito, ma anche scalfita dai segni della modernità
incalzante. Intorno a lui, si muovono figurine familiari, comparse di un
presepe parallelo a quello della “realtà”, e nel continuum di una storia
allegorica e “impossibile”: il padre detto il Mericano che è emigrato in
Germania, la madre con il suo rovello segreto, le due sorelle coinvolte in
complicate vicende d'amore il nonno Lisandro con dentro di sé una memoria di
secoli sul punto di inabissarsi. E poi, appena fuori dal circuito parentale,
il maetro Carmelo, con i suoi dubbi che squassano la vita tranquilla
comunitaria e il rapsodo Luca, voce enigmatica del passato leggendario che
rivive nella narrazione orale. Abate ha raccontato questo mondo con grazia
sospesa, nella successione delle rapsodie che danno ritmo e tratto espressivo
al romanzo. E come in un'epopea insieme magica e corale, colta nel momento in
cui la nostalgia della sua totalità è un fine e lavorato monile. E' un
mondo di echi e di suggestioni appena trascorse, una nebbiolina di sogni e di
struggente consolazione, un pastello naif dai colori accesi in cui - senza
sostanziali sbavature ma con l'uso sapiente di fonti letterarie e di quelle
antropologiche - si intrecciano verità e sogno. E si sovrappongono il mondo
realistico e il fantastico, l'epico e il comico, in un precariomobilissimo
equilibrio. Un gioco di specchi che è la linfa segreta del Ballo tondo.
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