La silloge poetica: terre di andata
Il
libro di poesie di Carmine Abate è costituito da quattro parti intitolate:
DIMORE PER ME, DIMORE DI ME, DI MORE, GIOCHI DI LINGUA, DIMORE DI NOI. In
nessuna parte si danno spiegazioni per i titoli delle sezioni. Per due di
esse è evidente l'intenzione poetica: sperimentazione linguistica. Giochi di
parole in DI MORE, giochi con altre lingue (essenzialmente tedesco) in
GIOCHI DI LINGUE.
Dimora può significare abitazione, luogo, permanenza, ma anche sosta. La
poesia è una sosta e i titoli stanno forse ad indicare delle soste che il
poeta fa a suo vantaggio, come riflessione su di sé oppure in funzione di
altri, altra ( se ad una lettura attenta la maggior parte delle poesie sono
poesie d'amore per un'altra persona).
Questa silloge è la testimonianza del desiderio comunicativo di Abate, è
l'orma primordiale della sua necessità di scrittura che poco alla volta
trova la sua strada, attraverso la poesia e i racconti, pubblicati poi nella
raccolta Il muro dei muri. I
Racconti quindi scritti in contemporanea con le poesie. Successivamente lo
scrittore poeta approderà ai romanzi, di cui si parla in questo supplemento.
L'elemento generativo della poesia dello scrittore calabrese è un sentimento
primordiale che chiamerei lontananza. Questa esiste in particolari
circostanze e cioè quando manca qualcosa che si è lasciato in altro spazio,
quando si spera di ritornarvi, quando il ricordo diventa un mito generativo
di altri miti, di fatti, di persone e di storia.
Se si considera tutta l'opera di Carmine Abate risulta evidente che la
lontananza agisce come fatto poetico determinante attraverso cui si
costruisce la poesia, il racconto, il romanzo. Egli ha dovuto scoprire,
rintracciare in sé questo elemento generativo della sua poetica,
specialmente la possibilità di sviluppo mitico.
Nell'opera narrativa man mano viene meno, si offusca il vuoto esistenziale
che la lontananza crea; il sentimento non produce più dolore, ansia,
insicurezza, si trasforma in strumento creativo di storie e di miti. Vi è
una poesia di Carmine Abate che indica in maniera inequivocabile questa
svolta. Si tratta di una poesia scritta fra la fine degli anni '80 e
l'inizio degli anni '90, quando cioè appare il primo romanzo Il ballo tondo.
Forse è opportuno riportare per intero questo testo di svolta nella
produzione dello scrittore calabrese. "No, non più/ non ho più/ un grammo
di/ per il per la/ né da vendere/ né da svendere/ Sì, era dolce/ agrodolce/
un buon sapore/ di more di roveto/ L'ho divorata/ in altri tempi/ a chili/ e
un po'/ l'ho conservata/ in vasetti di vetro/ per voi e per me/ (ché non si
sa mai/ in questa vita)/ come fa mia madre/ con l'uva nera/ Sull'etichetta/
ho scritto/ Nostalgia". Il ricordo della terra lasciata, delle persone,
della comunità d'origine non è più fonte di sentimenti che creano dolore,
desiderio, vuoto, mancanza. Si è trasformato in fatto letterario, perché
sedimentato, filtrato dal tempo e quindi rielaborato in strumento narrativo.
La lontananza rigurgitante di attaccamento, desiderio, di dolore è invece il
tessuto costruttivo della sua poesia, sia quella che più direttamente
riguarda lo straniamento dovuto alla esperienza della migrazione che quella
che vuole essere un canto d'amore.
Nella sezione DIMORE PER ME il paese d'origine, la sicurezza ch'esso
infonde, il colore e il calore diventano elementi di confronto costante con
l'esperienza del vissuto da emigrato lontano dal proprio paese nella
lontananza in cui "la vita...sfugge per sempre"II.
Quel paese è "la speranza"III, perché "...come
vivi lì figlio mio/ non vivi in nessun posto"IV
.
L'assenza dal paese d'origine fa sì che anche gli oggetti in quel posto
perdano la loro vita, la loro bontà perché non sono valorizzati dall'uso,
dalla presenza, dalla frequentazione del soggetto che è lontano. La casa che
l'emigrato si è fatta al paese "...è una casa/ vuota una/ vita sofferta e
cercata/ E' una casa ammuffita."V.
La lontananza assume tutta la sua pregnanza nella poesia viaggio di andata,
ove il migrante appena giunto sul suolo straniero sente il bisogno di
ricollegarsi con la persona che rappresenta simbolicamente la terra
d'origine, lo spazio embrionale. La poesia che è toccante perché lascia nel
non descritto l'ansia e la voce dell'interlocutore, la madre, posta
dall'altra parte del filo telefonico, si chiude con queste parole: "...sì,
torno presto./ Ti mando un bacio. Ciao. Devo andare"VI.
Le parole "torno presto" sono una chiara menzogna di cui è consapevole sia
chi parla, sia chi ascolta, ma che si accetta perché è solo attraverso
questa bugia che si ha il coraggio di allontanarsi. L'allontanamento è
possibile quando vi è la continua speranza del ritorno, vissuta come una
favola, un mito a cui ci si aggrappa.
Un secondo elemento generativo della poesia di Carmine
Abate è il conflitto interiore fra esigenza di aderenza alla realtà, alle
sue contraddizioni e il richiamo ad una ideologia. Il poeta ha bisogno di
dichiarare il rifiuto a schemi ideologici, proprio per esorcizzarne il
fascino. Afferma egli infatti "E poi non è vero/ che cambiando le parole si
cambiano i mondi.." "...perché i fatti importano ancora e le verità
assiepate dietro il colle ci fanno morire di noia"VII.
Significativa al riguardo è la poesia "Abbiccì" in cui il poeta mette a nudo
il suo io indicando tre aspetti fondamentali della sua dimensione di poeta.
Il terzo in una sua parte recita in questo modo "...liberami ti prego/ dalla
bolgia purulenta di parole/ dell'avanguardistica di professione/ dalla
retorica stupida dalla/ morale facile liberami"VIII.
Sono parole, che se pur riferite alla sua forma di scrittura, tuttavia
nascondono anche la ripulsa ad ogni costrizione ideologica.
E tuttavia il poeta avverte il pericolo che senza un ancoraggio ideologico
si corre il rischio di perdere l'intensità di ogni posizione conflittuale
che necessita di lotta ed energia perché è "meglio sconfiggere i ragni/ qui
o là è lo stesso"IX . Egli teme infatti che
"Col tempo/ col tempo si sgretola/ la forza di lottare."X
In questa silloge Abate più volte ha bisogno di
riflettere sul valore della poesia, del poeta perché non è certo che questa
possa arrivare ad essere reale strumento comunicativo, cioè tale da essere
accolto, acquisito e compreso dall'interlocutore e specialmente che porti
poi ad un cambiamento.
Tre poesie sono dichiarative di questa riflessione: Alla fine, Ai miei
amici, Credo che ho detto tutto
Sono un manifesto degli obiettivi che il poeta si prefigge, dei risultati
che ci si attende, del senso e valore dell' essere poeta.
Nella prima poesia gli elementi principali sono: la compartecipazione del
lettore al suo sentire ( vi proporrò un viaggio nel mio cuore); le
esperienze di rapporto con la realtà così come sono recepite dal poeta ( e
nuoterete nei liquidi ...); le immagini, le metafore, i simboli che il poeta
rintraccerà e offrirà.
Un dubbio lo muove: potrà stabilirsi un piano comunicativo? Perché
quand'anche i canali siano comuni alla fonte e all'interlocutore è
necessaria in quest'ultimo l'intenzionalità.
Stabilitosi pure il rapporto comunicativo avverrà poi un risultato perché
questo non può essere una pura pacificazione dei sensi, un "tranquillare".
Ogni rapporto comunicativo, sembra sottendere il poeta, ha valore e funzione
quando porta a un cambiamento a un mutamento.
Carmine Abate rifiuta la funzione consolatoria della poesia, che deve
servire a trasformare la realtà a "cambiare" ( come lui dice).
Nella seconda l'autore sembra più scettico sulla possibilità che i versi
servano a qualcosa e paventa il rischio che i poeti parlino "di altro da
soli" e poi cerchino "la lotta nei fogli di carta". Egli ha chiara l'idea
della possibilità di scoprire e cogliere realtà più profonde ed elevate
perché i poeti sono "protesi ad afferrare le stelle", tuttavia il dubbio che
non ci sia nessuno che abbia bisogno di loro è elevato.
Nella terza emerge la convinzione che con l'uso di metafore, parole
ricercate si sia comunicato con completezza l'esperienza fatta. Si è parlato
di sogni, di ideali, di illusioni e delusioni, delle arrabbiature, delle
paure, dello scontro con la realtà e specialmente del fatto che si ha
"bisogno di tempo" per andare oltre, per continuare nel cammino di
maturazione, nella possibilità di offrire descrizioni di esperienze più
radicali e più complete.
In Terre di andata si sperimentano versificazioni,
rime,accostamenti fonici, giochi di parole, poesie figurali. Evidentemente
l'autore ha voluto cimentarsi nel ritrovare possibilità di risonanze diverse
al suo sentire attraverso vari suoni poetici.
Una delle espressioni più significative della sperimentazione poetica è la
cosiddetta proesia, cioè prosa in modalità poetica. Raggiunge risultati
pregevoli in un poemetto intitolato Una storia di andata, che descrive la
condizione di vita di un emigrato.
La sezione DI MORE è tutta un'unica sperimentazione, che però non rimane mai
fine a se stessa, ed assume quasi sempre un tono ironico e a volte amaro.
Il risultato è molto simile a quello dei crepuscolari. Ricorda Palazzeschi.
Si osservino ad esempio queste due poesie "Non so dove/ non so no/ se
l'ozono/ è bucato/ qua (l'accento non va)/ o là (l'accento va)/ dove/ dove
si va/ a fare il bagno/ di sole/ oramai?" e "Basta basta/ con la pasta/
voglio l'asta/ per salvare/ l'altare/ del ronzio/ pio pio/ io".
Più complessa è la sperimentazione attraverso altre lingue operata nella
sezione "giochi di lingue" mediante specialmente l'uso del tedesco e
dell'italiano.
E' un lavoro che poi è servito a Carmine Abate per il plurilinguismo
praticato in tre dei quattro romanzi fin qui scritti.
DIMORE DI NOI è l'ultima parte ed è costituita tutta da
poesie d'amore.
Un primo dato è che esse sono un percorso a ritroso, cioè abbiamo poesie che
vanno dall'89 al '79 e non viceversa. Una scelta del poeta per testimoniare
forse la costanza di questo tema in tutta la sua produzione.
Le poesie hanno un sapore delicato di seta da sfiorare per non stropicciarla
e sgualcirla. Esse non sono mai addensate da forti sentimenti, ma sono
condotte con pennellate leggere e con tenui tonalità di colori.
Non vengono espressi sentimenti dell'io nei confronti dell'amata, ma vengono
colti momenti, aspetti, atteggiamenti dell'amata e collocati come in un
quadro. Eccone un esempio: "Sul tuo viso intento/ a fissare sull'agenda
nera/ frammenti del passato prossimo/ aleggia lo splendore/ dell'anima
marina./ L'incauto osare della luce/ bianca non può che ferirti/ di sbieco
la ruga sottile/ del sorriso"XI.
A volte i sentimenti sono appena accennati, ma ciò accade quando il poeta
avverte il vuoto per l'assenza, la lontananza dell'amata.
I fatti, le azioni non acquistano significato, non sembrano coinvolgere l'io
perché perdono valore nell'assenza dell'amata: "Cosa fai?" "E poi dove vado"
"E chi lo sa" " ...stringo i pugni sporchi/ di treni che arrivano sempre/
dove sanno puntuali/ e tu dormi a vent'ore/ di treno da qui sola sola/
stringendo il cuscino/ e il mio pigiama"XII.
Si notino i rimandi non solo fonici, ma qui simbolici del "stringo" e
"stringendo".
Il vuoto per l'assenza dell'amata può essere dato anche solo dalla mancanza
del contatto: "Lo sento il silenzio assoluto/ che mi spacca le tempie/ è qui
da un minuto/ da quando tu dormi tranquilla/ più in là/ Sognerai tintonere/
nei mari delle isole azzurre/ o un altro me senza volto/ che ti bacia le
labbra/ e poi scappa con te/ dentro me/ E' strano:/ se ti sfiorola mano/ non
sento il silenzio assoluto/ che mi spacca le tempie/ sento un'onda/ che mi
culla le ciglia/ profonda".
E' ancora la poetica della lontananza, che anche in queste poesie serpeggia
e fa capolino come voce poetica fondamentale. (da
http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it)
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Nel volume Il Muro dei muri si
specifica che "la presente edizione comprende anche le nuove versioni
dei racconti pubblicati in tedesco col titolo Den Koffer und weg, Newer
Malik Verlag,. Kiel 1984
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Terra di andata, pag. 19
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Terra di andata, pag. 21
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Terra di andata, pag. 21
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Terre di andata, pag. 24
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Terre di andata, pag. 18
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Terre di
andata, pag. 32
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Terre di
andata, pag. 50
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Terre di
andata, pag. 38
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Terre di andata, pag. 51
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Terre di
andata, pag. 107
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Terre di
andata, pag. 115