Il Venerdì di Repubblica
24 marzo 2002

Abate: ritorno in Calabria per inseguire un sogno

Storia di emigrazione al contrario. Con epilogo tragico e lieto fine.

di Brunella Schisa


E’ una saga familiare l’ultimo romanzo di Carmine Abate, scrittore calabrese di origine albanese: racconta la storia di Giorgio Bellusci e della sua ossessione di costruire un albergo sulle rovine della locanda del bisnonno, dove un giorno del 1835 si fermò Alexandre Dumas. Del Fondaco del fico, che affaccia sullo Ionio e sul Tirreno, è rimasto solo un manoscritto del grande francese e un fico incistato in un muretto. Ma anche per i sogni bisogna pagare il pizzo, e Giorgio lascerà il testimone al nipote Florian, arrivato dalla Germania. Tra luci e odori mediterranei il ragazzo ritroverà le radici e riceverà in eredità un sogno.

E’ una storia di emigrazione al contrario, dalla Germania alla Calabria.

“Tutti i miei romanzi si muovono tra queste due terre: io provengo da una comunità arbereshe e sono emigrato in Germania a 16 anni, perciò vivo da sempre in questa pluralità di culture. Così fanno i miei personaggi che, se emigrano, non si piangono addosso e vivono come una ricchezza il contatto con altri mondi”.

Tutto nasce dall’incontro tra un tedesco che ama la luce e un calabrese “capatosta” che ha un sogno.

“Sì, mi interessano personaggi che prendono la vita di petto senza aspettare che piova qualcosa dal cielo; lo stesso Fondaco del Fico è un luogo simbolo di una Calabria vista come terra di contatto, in movimento, molto diversa dal Sud immobile dell’immaginario corrente”.

Si può coltivare un sono in Calabria, tra ‘ndrangheta e violenza?

“Si può e si deve: infatti il romanzo ha epilogo tragico e lieto fine”.