Corriere della Sera
1 gennaio 1999
 


La Babele di Abate: prima “arberesh”, poi “germanese”  
di Cinzia Fiori


   A Carmine Abate da Carfizzi – uno dei 50 paesi del Sud dove a metà ‘400 si insediarono gli albanesi in fuga dai turchi – il compito di spiegare che cosa avviene nella mente di un “transfuga” linguistico. “Da piccolo parlavo arberesh, ho imparato l’italiano a scuola come una lingua straniera. Poi ho trascorso vent’anni in Germania. Sento dentro di me le storie in una Babele di lingue, dal germanese degli emigranti, che mischiano italiano e tedesco, all’arberesh della mia infanzia. Traduco tutto in italiano cercando di non perdere la musicalità originaria, di recuperare le strutture narrative della tradizione orale. Se occorre lascio parole in arberesh oppure le ibridizzo con l’italiano. Sì, scrivo in una lingua “sporca”, ma credo che proprio per questo abbia energia. In Germania, negli anni Ottanta, facevo parte della PoLiKunst. Quel gruppo raccoglieva artisti di 17 nazionalità che scrivevano in tedesco. Due i problemi riproponibili anche qui. Non essere letti come fenomeni sociologici, ma come scrittori; e la vigilanza sull’editing, perché la nostra non venga trasformata in una lingua standard”.