CARMINE ABATE. Il romanzo delle progenie albanesi e del tempo personale
RITORNO AL PASSATO DI HORA
di Domenico Cacopardo
C'è una coralità complessa nel nuovo romanzo di
Carmine Abate, calabrese arbresh già emigrante in Germania (scrisse I germanesi
un tempo, un saggio sulla condizione di straniamento della gente del Sud in
Germania) che esercita il mestiere di vivere in Trentino. Una coralità complessa
che non incide sulla leggibilità della storia, anzi la innerva di sentimenti,
fatti e situazioni autentici e di senso dell'ambiente, visto nella maniera
dinamica propria della vita. Si intrecciano molte vicende in Il mosaico del
tempo grande, come si intrecciano nel quotidiano di ogni comunità grande o
piccola che sia. Il riferimento di Abate è Hora, un piccolo centro Arbresh
sull'Ionio e la felice mano dell'autore ci mostra con esemplarità pregnante come
possa coniugarsi il piccolo mondo con l'universalità della parola letteraria.
Questo metodo di immergersi in una realtà limitata per trarne, col racconto,
elementi riconoscibili da tutti è l'aspetto più affascinante del mestiere dello
scrivere, un mestiere che non si impara in nessuna università, ma si può
raccogliere soltanto all'interno di se stessi.
Ecco, in prima approssimazione, si può ritenere Il mosaico del tempo grande un
romanzo etiologico, poiché affronta la fondazione di Hora -cinque secoli fa- da
parte di un gruppo di profughi albanesi, guidati dal loro papas e in fuga dal
turco invasore. E la via per ripercorrere il passato remoto è l'inquietudine di
Antonio Damis, che intende ricercare le origini proprie e della propria
comunità. Il catalizzatore, l'elemento che rende il desiderio di scoprire il
passato, una vera e propria indagine sul campo, è l'arrivo di una compagnia di
musica e danza albanesi. Nel gruppo di artististi c'è Drita, un bellissima
ballerina di cui Antonio si innamora, seguendola sino in Albania e abbandonando
la sua fidanzata italiana.
Vicino-lontano è l'io narrante, Michele, un giovane di Hora affascinato dalla
figura di Antonio Damis, dalla sua partenza verso l'ignoto, sulle tracce di un
passato che solo gli uomini con la loro tenacia possono disseppellire come si
disseppellisce un tesoro a lungo favoleggiato. E il destino, l'elemento
incontrollato che muove dei e mortali nelle tragedie greche o in Omero, pone
Michele nella piazza di Hora nel momento in cui arriva il pullman da Crotone e
da esso scende Laura: La piazza brulicava di occhi maschili. Lei è scesa dal
pullman ed è stata trafitta da troppi sguardi curiosi, sul corpo intero,
poverine, a cominciare dal viso di un pallore invernale fino alle scarpe da
tennis sporche di viaggio. Era alta, una bella stanga, hanno detto in molti,
portava sulla schiena uno zaino pesante che un po' la incurvava. La sua testa
sembrava una cascata di miele per vie dei capelli biondi, lunghi e ondulati, su
cui si posavano come tante avide api i raggi di sole del primo pomeriggio e
soprattutto i miei occhi. Non avevo mai visto capelli così biondi e luminosi.
Ero tentato di avvicinarmi e infilarele dita nell'alone di luce morbida. Invece
sono restato con gli altri ad ammirarla da lontano...
Laura è la figlia di Antonio Damis ed è accompagnata dal fratellino. È venuta a
Hora per prendere possesso della casa di famiglia, chiusa dalla morte della
nonna. Fra Michele e Laura nasce l'amore, il grande conduttore del mondo.
Ma intorno a questo amore si muovono le comparse del paese e soprattutto
l'autore del mosaico del tempo grande, Gojari un albanese-albanese venuto a Hora
con le recenti migrazioni che, mosaicista provetto, ha iniziato a tessere la sua
opera: una rappresentazione dell'arrivo dei suoi connazionali guidati dal papas
nel Quattrocento.
Il mosaico, il cui avanzamento viene marcato capitolo dopo capitolo, è un po' la
metafora del romanzo medesimo: dalle abili mani di Gojari si compongono le
figure di un tempo con i volti di quelli del presente come dalle abili dita di
Carmine Abate sgorgano e vanno a stamparsi sulla carta le parole della storia.
Antonio Damis tornerà infine al paese. E il tesoro di Hora, a lungo favoleggiato
come una sicilianissima trovatura (ma quante cose ci accomunano gente di Ionio
di sponda calabrese e siciliana, dall'occupazione greca alle altre occupazioni,
da ultima quella piemontese!), si rivelerà reale espressione del mitico passato.
Ecco, con Carmine Abate l'anno editoriale si apre con un'opera di letteratura
vera, di un genere che coinvolge i lettori ma che è capace di restare negli
scaffali delle librerie come un esempio di scrivere alto che ancora non è stato
del tutto spazzato via dal mercato e dalla regola del danaro. Ecco, con Carmine
Abate il piacere del leggere e dello scrivere trova un protagonista collaudato e
duraturo, le cui opere sono destinate al presente e al futuro.