Karmine Abate botoj njė libėr tė ri:
“Il mosaico del tempo grande”
č il nuovo libro di Carmine Abate
di Gianni Belluscio
Carmine Abate, genio letterario arbėresh, in
gennaio (prima presentazione a Parma il giorno 28) ci ha regalato il suo ultimo
lavoro: Il mosaico del tempo grande. Il lettore arbėresh sostituendo
automaticamente “tempo grande” con “Moti i madh” avrą subito chiaro il quadro
entro il quale si muoverą tutta la storia, invece per il lettore che non conosce
l’albanese e la storia dell’Albania-Arbėria, “tempo grande” potrebbe risultare
un sintagma ‘opaco’ un po’ difficile da incasellare in qualche cornice semantica
ma, allo stesso tempo, il lettore ‘italofono’ resterą sicuramente attratto da
questo, forse anche voluto, ‘gioco linguistico’ del titolo.
Abate gią ne “La moto di Skanderbe aveva citato il “Moti i madh” a proposito del
nome del personaggio principale:
"Era un soprannome di cui andava fiero, perché a quei tempi tutti sapevamo che
uomo di valore era stato il vero Scanderbeg, quello del Moti i Madh, del Tempo
Grande, i nostri vecchi ci raccontavano che era forte e 'sperto, che i turchi
fino a quando viveva lui avevano tentato e ritentato, ma non c'era niente da
fare, l'Arberia non erano riusciti ad occuparla, i nostri vecchi ci raccontavano
queste storie e ce le cantavano, quando c'era una festa, cantavano Scanderbeg,
che poi era stato lui a dire ai suoi: - Se io muoio e i turchi vi sconfiggono,
andatevene in Italia."
Il “tempo grande” č dunque il tempo della resistenza degli albanesi contro
l’invasore turco, quello stesso “tempo” rimasto saldamente cristallizzato nelle
rapsodie. Essendo perņ labili i confini del tempo non č poi del tutto sbagliato
estendere il “tempo grande” anche alla Rilindja del XIX secolo, cioč fino al
Risorgimento del popolo albanese (conclusosi con l’Indipendenza dell’Albania nel
1912) e nel quale anche il nostro Girolamo De Rada ha occupato un posto
rilevante.
Il mosaico di Carmine Abate č un paziente posizionarsi di tessere che, come in
un puzzle, creano un istmo temporale che collega Hora (la cittą, il paese
arbėresh) alla patria di origine lungo un percorso di cinque secoli, tra arte,
storia e storie e con intarsi umoristici (come la curiosa sbornia del
protagonista Michele) ed un interessante ‘giallo’ tutto arbėresh – sia
‘metallico’ che ‘poliziesco’ – che lascia il lettore con il fiato sospeso fino
alle ultime pagine.