La Gazzetta del Mezzogiorno, 07.05.2006

La figlia dell'esule ritorna tra i basilischi
di Diego Zandel

  La commissione giudicatrice del Premio Vittorini presieduta da Vincenzo Consolo, riunita a Torino in occasione della Fiera del libro, ha selezionato la terna vincitrice della XI edizione del premio: Carmine Abate con «Il mosaico del tempo grande» (Mondadori); Amineh Pakravan con «Il libraio di Amsterdam» (Marsilio); Rosellina Salemi con «Il nome di Marina» (Rizzoli). Il premio Opera Prima è stato attribuito ex-aequo a Salvatore Scalia per il libro «La punizione», Marsilio ed, e a Ornella Corpsi per «Il paese dove non si muore mai», Einaudi ed. Non sono molti, in Italia, gli scrittori appartenenti a una minoranza linguistica. C'è Joseph Zoderer, altoatesino di Merano, che scrive in tedesco; oppure il triestino Boris Pahor, di lingua slovena. Ad essi possiamo aggiungerne uno appartenente alla comunità arberesh, ovvero albanese. Si tratta di Carmine Abate. La sua realtà linguistica è però diversa dagli scrittori sopra menzionati, perché, tranne qualche parola, frase, inciso, la lingua in cui scrive non è l'albanese, bensì l'italiano. In compenso, la realtà che dipinge è fortemente minoritaria, perché non sono poi così tante e grandi le comunità albanesi in Italia, sparse tra Puglia, Calabria e Sicilia.

   Carmine Abate, nello specifico, è nativo di Carfizzi, in Calabria, paese che nei suoi romanzi, da Il ballo tondo a La moto di Scanderberg, da La festa del ritorno, finalista lo scorso anno al Campiello, all'ultimo, appena uscito, Il mosaico del tempo grande, edito da Mondadori, è stato rappresentato con il nome di Hora, che vuol dire, in arberesh, semplicemente «paese». Un paese ideale che, nelle intenzioni dell'autore, raccoglie tutti i paesi italo-albanesi in un'unica realtà storica e civile. Le storie che vi accadono, poi, a stare ai romanzi di Abate, sembrano infinite, non solo per l'abilità dello scrittore di dare vita a una serie di personaggi straordinari, ma anche per la sua volontà di ricercare nelle tradizioni, negli eventi del passato, insomma nelle proprie radici il senso profondo della sua identità. In Il mosaico del tempo grande la storia secolare di Hora si confonde con una vicenda odierna: l'arrivo in paese di una bellissima ragazza con un figlio piccolo tra le braccia. Arrivo classico, da film degli anni Cinquanta, con la corriera che si ferma in piazza, sotto gli occhi dei giovani «basilischi», per dirla col film della Wertmüller, che le puntano gli occhi desiderosi addosso. Tra i giovani c'è Michele, con probabili tratti autobiografici, che subito s'invaghisce della sconosciuta, dando avvio così, in un alternarsi di prima e terza persona, a una storia che non è più solo quella della relazione tra Michele e la ragazza, il cui nome è Laura Damis, bensì storia corale, di tutto il paese. Si viene, infatti, ben presto ad apprendere che Laura è discendente diretta di una famiglia che sta nell'albo d'onore di Hora. Alle spalle un passato di leggende e di fughe che sapientemente Carmine Abate ricostruisce, mettendo insieme, attraverso vari momenti, i pezzi di quella storia, con vicende che si intrecciano anche con l'Albania più recente (non manca il gommone di disperati che affonda nell'Adriatico). Michele, nella veste di narratore, lo fa con le parole, mentre, contestualmente, un altro personaggio di Hora a lui contemporaneo, Ardian Damisa, chiamato da tutti Gojari e altrimenti detto Boccadoro, lo sta facendo mettendo insieme tasselli di pietra, ovvero attraverso un infinito mosaico che è appunto quello del «tempo grande», e che rappresenta tutta la storia di Hora, a partire dal mitico Scanderberg, eroe albanese nella lotta contro i turchi. Su questo sfondo si inserisce la storia della famiglia di Laura Damis, di suo padre Antonio Damis, innamorato di una ballerina di Tirana per raggiungere la quale decide di ritornare al suo paese d'origine, seppur oltre l'allora cortina di ferro, e quindi dell'amore di Michele per Laura secondo uno schema ben collaudato da Carmine Abate che è quello di vedere nella storia privata della sua gente la conseguenza di avvenimenti più grandi, motivazioni che vanno oltre il contingente e che hanno in fatti lontani le loro ragioni di essere. In questo senso, l'operazione di Abate può essere considerata analoga a quella che Fulvio Tomizza ha fatto per la gente istriana, figlia dell'esodo, che in questo dramma corale trova le ragioni di particolari storie private. E, così come Tomizza, pur scrivendo in italiano, non disdegnava l'uso di qualche parola o termine slavo per dare più recondito significato a certi aspetti della cultura di frontiera, tipica dell'Istria, allo stesso modo opera Abate con il suo arberesh, un singolare mix ormai tra antico albanese e parlato calabrese che dà ritmo alla pagina. Un libro, Il mosaico del tempo grande, che conferma come appartenere a una minoranza o a una storia particolare, incida profondamente nei destini dei singoli, così da creare - se trova i cantori giusti, come è Carmine Abate per il popolo arberesh - storie senza uguali. 
 

 Adnkronos Cultura  05.06.2006

PREMI: LE TRE CINQUINE DI FINALISTI AL ROMA
TITOLI DI NARRATIVA STRANIERA E ITALIANA E SAGGISTICA

Roma, 5 giu.) - Annunciate le tre cinquine dei finalisti della VII edizione del premio Roma, diviso in tre sezioni: narrativa straniera, narrativa italiana e saggistica. Per quanto riguarda la prima categoria, ''Lo Zahir'' di Paolo Coelho, edito Bompiani; ''Mia madre, la mia bambina'' di Tahar Ben Jelloun, edito Einaudi; ''Non buttiamoci giu''' di Nick Hornby, edito Guanda; ''La parte del morto'' di Yasmina Khadra, edito Mondadori; ''Malavita'' di Tonino Benacquista, edito Ponte delle Grazie e, inoltre, una menzione di merito a Rafik Schami.
Per quanto riguarda la narrativa italiana, ''Caos calmo'' di Sandro Veronesi, edito Bompiani; ''Il mosaico del tempo grande'' di Carmine Abate, edito Mondadori; ''L'oro di Mose''' di Franco Scaglia, edito Piemme; ''Un giorno perfetto'' di Melania Mazzucco, edito Rizzoli; ''Pugni'' di Pietro Grossi, edito Sellerio e, inoltre, menzione di merito a Massimo Cacciapuoti, Luigi Guarnieri e Dina Nerozzi. Infine, per la saggistica, ''L'invenzione del diritto in Occidente'' di Aldo Schiavone, edito Einaudi; ''La casa di psiche'' di Umberto Galimberti, edito Feltrinelli; ''Il secolo dei genocidi'' di Bernard Brunetau, edito Il Mulino; ''Il capitalismo'' di Franco Ferrarotti, edito Newton & Compton; ''La grande storia del tempo'' di Stephen Hawking, edito Rizzoli e, inoltre, menzione di merito a Vanni Ronsisvalle, Enzo Romeo e Ruggero Marino.