La colpa di scrivere, Luglio - Settembre 2006

Carmine Abate, “Il mosaico del tempo grande”, Mondadori, 2006, pagg. 233
di Gianni Mazzei

  Chi segue da tempo, e con interesse, la vicenda artistica dello scrittore calabrese di Carfizzi, sa che nell’impianto dei suoi romanzi ci sono aspetti, potremmo chiamarli strutturali, che ne individuano, come un marchio la sua scrittura, sempre presenti nelle varie opere.
E poi ci sono, in ogni specifica opera, elementi, potremmo chiamarli modali, diversi, che sono le sfumature, i dettagli che però non sono esornativi, ma diventano l’anima e l’autonomia di ogni suo scritto, rinnovando dal di dentro finanche quelli aspetti comuni a tutte le sue opere.
Per gli aspetti “strutturali” mi piace citare sia aspetti della trama che aspetti linguistici.
Per la prima cito: la vicenda del popolo albanese che dall’Albania, oppressa dai Turchi, nel secolo XV si rivolge alle sponde della Calabria in modo particolare creando nuovi insediamenti. Questa vicenda di doloroso distacco dalla madrepatria poi si continua nell’emigrazione dalla Calabria verso altre terre, spinti i protagonisti come sono da necessità economiche, ma anche da inquietudini mentali, di richiami segrete e ancestrali.
Per gli aspetti propriamente linguistici, lessicali, sintattici e descrittivi, gli elementi comuni ai vari romanzi di Abate sono: gli incipit così fulminanti e robusti che ti immettono subito nel cuore della vicenda e che restano indelebili nella memoria del lettore. Poi significativo è l’impasto linguistico,fatto di lingua italiana,dialetto calabrese,lingua albanese : è un coagulo felice che comunica anche quando il lettore non conosce questi
termini ,tanto l’autore è attento a saperli inserire nel contesto della frase che diventa comprensibile di per se stessa.
Una cosa di enorme importanza è il modo poi di condurre le vicende dei protagonisti: Abate,nella storia più grande del popolo,storia collettiva,apre altre storie di personaggi singoli e conduce le diverse trame in linea parallela,aperta, con intrecci significativi,sciogliendo le vicende solo alla fine. La sua pagina avvince anche perché già dall’inizio pone indizi misteriosi,quasi un triller, che tengono la mente in allenamento nel capire quale aspetto finale poi sia quello risolutivo per vicende che si mantengono volutamente nell’ambiguità del suo svolgersi fino alla fine.
Carmine Abate ama ripetere, e i romanzi lo testimoniano, che egli è un po’ come l’aedo che tramanda per iscritto le storie che il popolo elabora e il cui fulcro, anche negli aspetti più grandi,storici ed esistenziali, è genuinamente amoroso:non per nulla,all’inizio del romanzo che stiamo trattando” Il mosaico del tempo grande”cita un’espressione di R.M Wilson “ tutte le storie sono storie d’amore”.
In realtà, nei suoi romanzi, la struttura linguistica ha un andamento musicale, con frequenti agganci di intere espressioni tra un capitolo che inizia ed uno che chiude con il consapevole intento di rafforzare nella memoria di chi legge, e secondo leggi musicali che modellano sia l’andamento lirico che quello corale, aspetti essenziali del romanzo, per conservarne messaggi, immagini, un po’ come avviene nei grandi affreschi letterari dalla bibbia all’odissea.
Già di per se stessi,questi elementi potrebbero bastare a consacrare la validità narrativa e l’armonia stilistica di Abate.
Ma, poi, al ulteriore suggello della sua felicità espressiva ci sono gli elementi modali. Come in questo romanzo,fresco di stampa.
A cominciare dal felice connubio tra il respiro della natura e i brividi dell’anima: la descrizione della psiche si riverbera necessariamente in quella dell’ambiente circostante, specie del mare, che si arricchisce di umanità, ora dolente, ora fresca, ora di limpido innamoramento “due grandi occhi, dal color del mare a riva” dice di Laura,la ragazza amata da Michele.
Gli aspetti più significativi e nuovi, in questo romanzo, restano due: il senso del vento e quello del narrare.
Mutuandolo forse dalla bibbia “lo spirito(pneuma) dove vuole spira”, il vento in Abate è l’inquietudine che muove la storia,sia quella grande, dei popoli, sia quella breve della vita di ogni singolo. L’inquietudine allora si colora, a seconda dei momenti,di ricerca delle proprie radici per avere identità, di ansia di libertà, di bisogno di amare e dono dell’amore stesso,del rispetto della parola data, dell’assolvere la propria missione interiore.
Il narrare,infine,che in questo romanzo si sostanzia in un dittico: narrare con le parole,da parte di Boccadoro, in un linguaggio fluente e che ammalia e nella costruzione del mosaico,sapendo incastrare con umiltà e sempiterno stupore i tasselli della storia.
All’aspetto verticale e dinamico del tempo( dal 1400 ai nostri giorni) in cui si distende la storia del popolo e dei singoli,in intrecci ora felici,ora dolorosi specie quando la memoria diventa ossessione e blocca il riprendere della vita( si veda la vicenda triste di Rosalba che intristisce per essere stata lasciata da Antonio, mentre paradossalmente coltiva garofani freschi e stupendi) l’autore fa corrispondere la centralità del narrare e della costruzione del mosaico.
Ma anch’esso dinamico: sia perché tutto è in fieri,sia perché la memoria se dà conforto ed identità deve prima smuovere e sconvolgere le coscienze.
Anche statico, però, se statico significa solare certezza: come l’arte che ricorda e fa oltrepassare il tempo alle cose, alle azioni, agli uomini, perché solo lei “ vince di mille secoli il silenzio”.
E così in una società mercificata,in cui anche la letteratura, a volta segue i gusti effimeri del mercato, Abate riconferma la sua scelta di essere cantore e aedo di un popolo. 
 

 Adnkronos Cultura  05.06.2006

PREMI: LE TRE CINQUINE DI FINALISTI AL ROMA
TITOLI DI NARRATIVA STRANIERA E ITALIANA E SAGGISTICA

Roma, 5 giu.) - Annunciate le tre cinquine dei finalisti della VII edizione del premio Roma, diviso in tre sezioni: narrativa straniera, narrativa italiana e saggistica. Per quanto riguarda la prima categoria, ''Lo Zahir'' di Paolo Coelho, edito Bompiani; ''Mia madre, la mia bambina'' di Tahar Ben Jelloun, edito Einaudi; ''Non buttiamoci giu''' di Nick Hornby, edito Guanda; ''La parte del morto'' di Yasmina Khadra, edito Mondadori; ''Malavita'' di Tonino Benacquista, edito Ponte delle Grazie e, inoltre, una menzione di merito a Rafik Schami.
Per quanto riguarda la narrativa italiana, ''Caos calmo'' di Sandro Veronesi, edito Bompiani; ''Il mosaico del tempo grande'' di Carmine Abate, edito Mondadori; ''L'oro di Mose''' di Franco Scaglia, edito Piemme; ''Un giorno perfetto'' di Melania Mazzucco, edito Rizzoli; ''Pugni'' di Pietro Grossi, edito Sellerio e, inoltre, menzione di merito a Massimo Cacciapuoti, Luigi Guarnieri e Dina Nerozzi. Infine, per la saggistica, ''L'invenzione del diritto in Occidente'' di Aldo Schiavone, edito Einaudi; ''La casa di psiche'' di Umberto Galimberti, edito Feltrinelli; ''Il secolo dei genocidi'' di Bernard Brunetau, edito Il Mulino; ''Il capitalismo'' di Franco Ferrarotti, edito Newton & Compton; ''La grande storia del tempo'' di Stephen Hawking, edito Rizzoli e, inoltre, menzione di merito a Vanni Ronsisvalle, Enzo Romeo e Ruggero Marino.