Chi segue da tempo, e con interesse, la vicenda
artistica dello scrittore calabrese di Carfizzi, sa che nell’impianto dei suoi
romanzi ci sono aspetti, potremmo chiamarli strutturali, che ne individuano,
come un marchio la sua scrittura, sempre presenti nelle varie opere.
E poi ci sono, in ogni specifica opera, elementi, potremmo chiamarli modali,
diversi, che sono le sfumature, i dettagli che però non sono esornativi, ma
diventano l’anima e l’autonomia di ogni suo scritto, rinnovando dal di dentro
finanche quelli aspetti comuni a tutte le sue opere.
Per gli aspetti “strutturali” mi piace citare sia aspetti della trama che
aspetti linguistici.
Per la prima cito: la vicenda del popolo albanese che dall’Albania, oppressa dai
Turchi, nel secolo XV si rivolge alle sponde della Calabria in modo particolare
creando nuovi insediamenti. Questa vicenda di doloroso distacco dalla
madrepatria poi si continua nell’emigrazione dalla Calabria verso altre terre,
spinti i protagonisti come sono da necessità economiche, ma anche da
inquietudini mentali, di richiami segrete e ancestrali.
Per gli aspetti propriamente linguistici, lessicali, sintattici e descrittivi,
gli elementi comuni ai vari romanzi di Abate sono: gli incipit così fulminanti e
robusti che ti immettono subito nel cuore della vicenda e che restano indelebili
nella memoria del lettore. Poi significativo è l’impasto linguistico,fatto di
lingua italiana,dialetto calabrese,lingua albanese : è un coagulo felice che
comunica anche quando il lettore non conosce questi
termini ,tanto l’autore è attento a saperli inserire nel contesto della frase
che diventa comprensibile di per se stessa.
Una cosa di enorme importanza è il modo poi di condurre le vicende dei
protagonisti: Abate,nella storia più grande del popolo,storia collettiva,apre
altre storie di personaggi singoli e conduce le diverse trame in linea
parallela,aperta, con intrecci significativi,sciogliendo le vicende solo alla
fine. La sua pagina avvince anche perché già dall’inizio pone indizi
misteriosi,quasi un triller, che tengono la mente in allenamento nel capire
quale aspetto finale poi sia quello risolutivo per vicende che si mantengono
volutamente nell’ambiguità del suo svolgersi fino alla fine.
Carmine Abate ama ripetere, e i romanzi lo testimoniano, che egli è un po’ come
l’aedo che tramanda per iscritto le storie che il popolo elabora e il cui
fulcro, anche negli aspetti più grandi,storici ed esistenziali, è genuinamente
amoroso:non per nulla,all’inizio del romanzo che stiamo trattando” Il mosaico
del tempo grande”cita un’espressione di R.M Wilson “ tutte le storie sono storie
d’amore”.
In realtà, nei suoi romanzi, la struttura linguistica ha un andamento musicale,
con frequenti agganci di intere espressioni tra un capitolo che inizia ed uno
che chiude con il consapevole intento di rafforzare nella memoria di chi legge,
e secondo leggi musicali che modellano sia l’andamento lirico che quello corale,
aspetti essenziali del romanzo, per conservarne messaggi, immagini, un po’ come
avviene nei grandi affreschi letterari dalla bibbia all’odissea.
Già di per se stessi,questi elementi potrebbero bastare a consacrare la validità
narrativa e l’armonia stilistica di Abate.
Ma, poi, al ulteriore suggello della sua felicità espressiva ci sono gli
elementi modali. Come in questo romanzo,fresco di stampa.
A cominciare dal felice connubio tra il respiro della natura e i brividi
dell’anima: la descrizione della psiche si riverbera necessariamente in quella
dell’ambiente circostante, specie del mare, che si arricchisce di umanità, ora
dolente, ora fresca, ora di limpido innamoramento “due grandi occhi, dal color
del mare a riva” dice di Laura,la ragazza amata da Michele.
Gli aspetti più significativi e nuovi, in questo romanzo, restano due: il senso
del vento e quello del narrare.
Mutuandolo forse dalla bibbia “lo spirito(pneuma) dove vuole spira”, il vento in
Abate è l’inquietudine che muove la storia,sia quella grande, dei popoli, sia
quella breve della vita di ogni singolo. L’inquietudine allora si colora, a
seconda dei momenti,di ricerca delle proprie radici per avere identità, di ansia
di libertà, di bisogno di amare e dono dell’amore stesso,del rispetto della
parola data, dell’assolvere la propria missione interiore.
Il narrare,infine,che in questo romanzo si sostanzia in un dittico: narrare con
le parole,da parte di Boccadoro, in un linguaggio fluente e che ammalia e nella
costruzione del mosaico,sapendo incastrare con umiltà e sempiterno stupore i
tasselli della storia.
All’aspetto verticale e dinamico del tempo( dal 1400 ai nostri giorni) in cui si
distende la storia del popolo e dei singoli,in intrecci ora felici,ora dolorosi
specie quando la memoria diventa ossessione e blocca il riprendere della vita(
si veda la vicenda triste di Rosalba che intristisce per essere stata lasciata
da Antonio, mentre paradossalmente coltiva garofani freschi e stupendi) l’autore
fa corrispondere la centralità del narrare e della costruzione del mosaico.
Ma anch’esso dinamico: sia perché tutto è in fieri,sia perché la memoria se dà
conforto ed identità deve prima smuovere e sconvolgere le coscienze.
Anche statico, però, se statico significa solare certezza: come l’arte che
ricorda e fa oltrepassare il tempo alle cose, alle azioni, agli uomini, perché
solo lei “ vince di mille secoli il silenzio”.
E così in una società mercificata,in cui anche la letteratura, a volta segue i
gusti effimeri del mercato, Abate riconferma la sua scelta di essere cantore e
aedo di un popolo.
Adnkronos Cultura
05.06.2006
PREMI: LE TRE CINQUINE DI
FINALISTI AL ROMA
TITOLI DI NARRATIVA STRANIERA E ITALIANA E SAGGISTICA
Roma, 5 giu.) - Annunciate le tre cinquine
dei finalisti della VII edizione del premio Roma, diviso in tre sezioni:
narrativa straniera, narrativa italiana e saggistica. Per quanto riguarda la
prima categoria, ''Lo Zahir'' di Paolo Coelho, edito Bompiani; ''Mia madre,
la mia bambina'' di Tahar Ben Jelloun, edito Einaudi; ''Non buttiamoci giu'''
di Nick Hornby, edito Guanda; ''La parte del morto'' di Yasmina Khadra,
edito Mondadori; ''Malavita'' di Tonino Benacquista, edito Ponte delle
Grazie e, inoltre, una menzione di merito a Rafik Schami.
Per quanto riguarda la narrativa italiana, ''Caos calmo'' di Sandro Veronesi,
edito Bompiani; ''Il mosaico del tempo grande'' di Carmine Abate, edito
Mondadori; ''L'oro di Mose''' di Franco Scaglia, edito Piemme; ''Un giorno
perfetto'' di Melania Mazzucco, edito Rizzoli; ''Pugni'' di Pietro Grossi, edito
Sellerio e, inoltre, menzione di merito a Massimo Cacciapuoti, Luigi Guarnieri e
Dina Nerozzi. Infine, per la saggistica, ''L'invenzione del diritto in
Occidente'' di Aldo Schiavone, edito Einaudi; ''La casa di psiche'' di Umberto
Galimberti, edito Feltrinelli; ''Il secolo dei genocidi'' di Bernard Brunetau,
edito Il Mulino; ''Il capitalismo'' di Franco Ferrarotti, edito Newton & Compton;
''La grande storia del tempo'' di Stephen Hawking, edito Rizzoli e, inoltre,
menzione di merito a Vanni Ronsisvalle, Enzo Romeo e Ruggero Marino.