Il Quotidiano
Venerdì 21 settembre 2001
Cultura Società

Per il libro “La moto di Scanderbeg”, lo scrittore riceverà il Premio Racalmare-Leonardo Sciascia 2001
Abate e la metafora del Meridione
di Vincenzo Consolo


Nel romanzo lotte contadine in una cittadina della provincia crotonese

Per il romanzo “La moto di Scanderbeg” (Fazi Editore), Carmine Abate riceverà a Grotte (Agrigento), il “Premio Racalmare – Leonardo Sciascia 2001”, durante la manifestazione fissata il 29 e 30 settembre . Il riconoscimento, che sarà attribuito presso il palazzo municipale di Grotte, è assegnato con la seguente motivazione: «Nell'attuale panorama narrativo italiano, in cui emergono divagatori e consolatori di intrattenimento, sentimentalistiche e private vicende, acritiche, “neo naturalistiche” restituzioni di cannibalesche violenze insite nella nostra società, il romanzo di Abate si distingue per la visione civile del mondo, per l'originale scrittura, per lo scarto metaforico proprio di ogni vera opera letteraria».

 “La moto di Scanderbeg” di Carmine Abate, Fazi  (ed.tascabile 2001)

 di VINCENZO CONSOLO

 “La moto di Scanderbeg” è un romanzo scandito in una prima e seconda parte, le quali sono precedute da un prologo e seguite da un epilogo. Prologo ed epilogo svolti in terza persona plurale, hanno funzione corale. I personaggi principali poi di volta in volta avanzano e narrano in prima persona la loro storia, il loro passato e il loro presente.
Il romanzo quindi non si svolge in senso lineare ma per aggregazioni: tutto il libro diviene ancora interamente corale. Quel coro, come dice Leopardi, che è anima, espressione di un popolo, di una comunità.
La comunità, in questo caso, è quella singolare di Hora, un paesino della provincia di Crotone, che, insieme ad altri, forma un'enclave, un'isola di diversità storica, culturale, linguistica: paesi di gente di origine albanese fuggita dalla sua terra e rifugiatasi in un territorio italiano (pugliese, calabrese, siciliano) in seguito all'invasione turca dell'Albania.
Il nucleo centrale e radiante del racconto è quello del Secondo dopoguerra - dal ‘43 al '50 - con due diramazioni: verso le origini, il Tempo Grande, quello storico ed eroico della lotta contro l'invasione capeggiata dal condottiero Giorgio Scanderbeg; e verso il passato prossimo, il tempo della fine del mondo contadino e dell'emigrazione del nord industriale, a cui si annoda il presente, il tempo delle fughe del protagonista, Giovanni Alessi. A causa di questi diramazioni o proiezioni, il nucleo del racconto si arricchisce di rispondenze, parallelismi, specularità. Tra cui, prima e più importante è quella che tra lo storico Scanderbeg e l'Alessi, padre di Giovanni, soprannominato Scanderbeg, capo ed eroe contadino della lotta per l'occupazione delle terre incolte e per l'attuazione della riforma agraria.
La moto Guzzi dondolino, cavalcata dall'Alessi, diventa quasi il cavallo del condottiero Giorgio Scanderbeg. Alessi è un “comunista sfegatato”che vuole “capovolgere il mondo”, renderlo più giusto, liberare i compagni dalla tirannia dei feudatari. Ma sarà la fine, come l'altro Scanderbeg, un eroe sconfitto?
Le lotte di quegli anni, costate morti e feriti, in cui si iscrive la famosa strage di Melissa, si concludono con la perdita, l'abbandono della terra e l'esodo in “direzione nord”.
Emigrazione in Germania, dove ora conosciamo le storie degli emigrati della prima e delle successive generazioni. Storie di smarrimento culturale, di crisi e di sospensione di identità. Il mondo del passato e del presente è ripercorso e sofferto dal protagonista, Giovanni Alessi, approdato anche lui in Germania, interrompendo gli studi, per l'amore che lo lega a Claudia Camarda, figlia di un calabrese di Hora e di una tedesca.
Claudia rappresenta lo snodo, e il punto di passaggio tra il passato e il presente, tra l'antico mondo di Hora e il mondo industriale, tecnologico e informatico di oggi. Claudia così dice al fidanzato Giovanni: «Non ne posso più di vederti nuotare in questo mare di storia ammuffite. Hai la testa attaccata all'indietro. Devi cancellarlo questo passato catarroso che ci soffoca, fare tabula rasa una buona volta, come ho fatto io, via via, tutto cancellato». E' questo il problema o il dramma del nostro tempo, in questo nostro contesto occidentale: l'obbligo della cancellazione del passato, di ogni memoria, per potere vivere nel presente. Ma Giovanni, figura di funzione dell'autore di questo romanzo, di Carmine Abate, esorcizzerà la condanna della cancellazione della memoria attraverso la scrittura, la creazione letteraria. Così come farà con un altro tipo di scrittura, un personaggio della sua adolescenza, Stefano Santori, che diverrà lo storico di Hora, della sua epopea contadina.
Libro meridionale e meridionalista, metafora di ogni meridione del mondo, la moto di Scanderbeg è uno dei più felici esiti narrativi di questi anni. E soprattutto un attualissimo romanzo sullo smarrimento della nostra identità e sulla necessità del recupero della memoria.