L'Indipendente -
10/01/2016
Romanzo d’amore e migrazione. Da Sant’Agostino alla sensualità di
Marilyn Monroe
di Salvo Fallica
Una complessa
storia di migrazione lunga quanto ed oltre il secolo XX, una
invenzione narrativa con la quale lo scrittore Carmine Abate riesce
realisticamente a raccontare le contraddizioni, le gioie, i dolori,
le speranze, le nostalgie di persone che lasciano la propria terra.
Che lasciano la propria Calabria per cercare un lavoro oltre oceano,
nella grande America, che lo trovano ma che appena possono tornano a
casa. Per ricostruirsi una vita nel luogo natio. E magari vi
riescono, ma i drammi sono dietro la porta. La vita già di per sé
labile, diviene ancora più fragile e debole per chi deve partire,
tornare e ripartire… E non certo per viaggi di piacere. I figli si
affermano, non tutti rompono il cordone ombelicale con il luogo
natio, ma non è nel loro destino vivere pienamente quella
dimensione.
Eppure nella Calabria difficile e complessa, sarà la nipote dei Leto
(la famiglia narrata nel romanzo), la giovanissima Lucy, a decidere
di rimanere e creare la sua vita e la sua impresa nella piccola
Carfizzi. Perché non ha solo riscoperto le radici. In realtà lo
scrittore attraverso la figura di Lucy simboleggia il cambiamento
antropologico-culturale che sta toccando diversi giovanissimi anche
della regione più complicata d’Italia.
Del resto è proprio con la letteratura che Carmine Abate ha
trasformato la sua Carfizzi in un luogo letterario noto a livello
nazionale. Abate divenuto uno dei più importanti scrittori
contemporanei della penisola (già vincitore del premio Campiello) è
anche l’unico narratore al quale è dedicato un parco letterario in
vita. E’ dato che è classe 1954, ha ancora davanti molti decenni per
scrivere nuovi romanzi ed eternare la sua Carfizzi.
Il romanzo dal quale prende spunto questa puntata della nostra
rubrica e che abbiamo tratteggiato in alcuni suoi elementi
essenziali è “La felicità dell’attesa”, edito da Mondadori. Una
opera narrativa che condensa i temi della migrazione, della storia,
della memoria, dei contrasti dell’anima, delle contraddizioni
dell’esistenza, della lacerazione dell’esserci (umano) dinanzi alla
finitudine della vita ed al tempo che passa. Ma nei romanzi di
Abate, filosofici e antropologici, vi è sempre la speranza, una
speranza costruttiva che porta i suoi personaggi positivi, animati
da valori semplici ed onesti, ad affermarsi con caparbietà o tentare
di farlo. A non cedere alle ingiustizie, ai soprusi, a cercare
sempre la giustizia in ogni angolo del mondo.
Il romanzo si fonda sulla voce narrante di Carmine, il nipote del
capostipite dei Leto. E’ lui che ricostruisce le tracce del nonno e
del padre, e lui che dà anima alla storia. Non è un romanzo
autobiografico in senso stretto ma in senso etico-intelletuale ed
esistenziale lo è. Non cercate la similitudine con i fatti della
storia ma con l’essenza dei fatti narrati, con gli stati d’animo, le
emozioni, i sentimenti.
Non è una autobiografia ma una fenomenologia degli aspetti
psicologici profondi, del senso delle esperienze vissute. Sono i
moti della coscienza quel che contano non la riproduzione di fatti
che sono ovviamente in gran parte inventati (o in parte reinventati)
dalla fervida fantasia dell’autore. Abate ha costruito un romanzo
molto bello e “vero”, che trasforma il verosimile in una verità che
coglie le essenze delle esistenze. E’ il suo romanzo più filosofico
e come gli altri è sviluppato con un ritmo narrativo efficace. Con
una lingua che aderisce alle cose ed ai personaggi.
E’ il suo primo giallo, pieno di colpi di scena. E di storie
d’amore. Con il padre del protagonista che partito da giovane negli
States incontra una Norma Jeane che non è ancora divenuta Marilyn
Monroe, e vive con lei una storia di passione incandescente. Il
libro parte da una storia e ne contiene molte, tutte con un loro
senso, che vedono sogni apparire e disapparire, in un vortice di
gioie e disillusioni. E di nuove speranze. Perché l’incessante
flusso della vita non si ferma.
Ed è la felicità dell’attesa che schiude le molteplici possibilità
dell’esistenza a chi crede in essa ed opera non arrendendosi. Ed
anche qui l’ispirazione di Abate è filosofica, precisamente rimanda
al pensatore Sant’Agostino, che elaborò una visione soggettiva del
tempo, davvero innovativa: “I tempi sono tre: presente del passato,
presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di
tempi esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il
presente del passato è la memoria, il presente del presente è la
visione, il presente del futuro è l’attesa”. Un romanzo da leggere,
che a sua volta invita alla rilettura di un classico, sempre
attuale, quali “Le Confessioni” di Agostino. |