Il Sole24ore 05/09/2012
 

 

LA COLLINA DI ABATE

di Alessandra Tedesco
 

  Ci sono romanzi che vanno letti di pancia e non con la testa. Romanzi che trasportano il lettore in un mondo di suoni, sapori e colori, magari sconosciuti, ma nello stesso tempo familiari. Storie semplici e sincere che raccontano di grandi valori. E' quello che succede con "La collina del vento" di Carmine Abate (Mondadori), che si è aggiudicato il premio Campiello 2012. Si tratta di una saga familiare ambientata in Calabria, in un paese di fantasia collocato dall'autore vicino a Cirò Marina, in provincia di Crotone.

Con un linguaggio semplice, ma poetico, fatto anche di dialettismi che si comprendono dal contesto, Abate ci racconta la storia della famiglia Arcuri, proprietaria della collina del vento che dà il titolo al libro. Generazione dopo generazione, dai primi del '900 a oggi, uomini e donne si tramandano un legame di sangue e un forte attaccamento alla terra.

La terra del Rossarco (questo il nome della collina) è vita, è la storia stessa della famiglia Arcuri. Qui, in campagna, in mezzo ai fiori di sulla nascono i bambini, qui si lavora la terra che dà sostentamento, qui si fanno i giochi dell'infanzia. Ma qui ci sono anche dei segreti. Dall'omicidio che apre il romanzo ai tesori del sottosuolo, i resti dell'antica città di Krimisa. Abate ha mescolato fantasia e realtà, intrecciando la vicenda degli Arcuri a quella, vera, di Paolo Orsi, archeologo trentino che negli anni del fascismo fece dei ritrovamenti nel perimetro di terra oggi compreso fra Cirò Marina e Punta Alice, una delle spiagge più suggestive della costa ionica. Il romanzo inizia con la storia di Alberto e la moglie Sofia (belli i personaggi femminili, donne del sud forti nel silenzio e talvolta rivoluzionarie). Solo uno dei figli, Arturo, sopravvive alla guerra. Poi sarà la volta di Michelangelo: con lui e sua sorella Ninabella inizia la generazione che studia, che va fuori dal paese. E infine Rino, la voce narrante, che su quella collina ci va per capire quello che gli ha tramandato il sangue, ma che non ha vissuto in prima persona.

E' un romanzo, appassionante, sulla resistenza ai soprusi (dei prepotenti, dei dittatori e della ‘ndrangheta) e sul senso di appartenenza, che non è esclusione dell'altro. Perché come ama ripetere Abate, la vita si costruisce per addizione. Come lui alle sue radici arbresh (comunità albanese della Calabria) ha aggiunto l'esperienza degli anni da emigrato in Germania e poi l'attuale vita in Trentino, ognuno di noi si porta dentro la terra dei padri, quella di nascita e quelle di vita.