Carta
16/22 Maggio 2002
Il
ricamo della narrazione
di Armando Gnisci
Carmine Abate è uno scrittore italiano
euro-mediterraneo (ce ne sono pochissimi in giro): arberesh, calabrese,
italiano, "germanese" (migrante da ragazzo operaio in Germania,
migrante di ritorno in Italia, vive ora in Trentino dove insegna,
perennemente in movimento tra le terre e i mari). Scrive dentro la competenza
e l'espressività elastiche e fruttifere di diverse lingue-madri, delle quali
è (segreto) traduttore per noi.
Nel corso degli anni 90 si è imposto - da Il ballo tondo (Marietti, ora Fazi)
a Il muro dei muri (Argo) a La moto di Scanderbeg (Fazi), tradotti in diverse
lingue d'Europa, più alcuni libri di poesie - come il nostro maggiore
narratore della migranza (Meneghello scrive un'altra storia).
Ci sono scrittori che narrano l'avventura del proprio "dispatrio" e
poi annaspano e tacciono; altri, invece, che dalla condizione migratoria
passano a narrare storie diverse; altri, infine, che dalla migranza
irrequieta ma costruttiva, traggono la "figura nel tappeto", la
trama profonda e rovesciata del narrare come favola matrice della
trasformazione di tutte le tute identitarie che ci portiamo addosso. Carmine
Abate è di questi ultimi. E i suoi personaggi disegnano quella specie di
saggezza rotonda di donne e uomini che si spostano, si avventurano e si
propongono mete, e che così ricamano il proprio destino. E incantano i
lettori. Forse in ciò consiste la mediterraneità che questo amabile
scrittore fa splendere dentro l'intrico dei cammini verticali nel nostro
continente.
|