PalazzoSanvitale.it
Giovedì 7 dicembre 2000
numero4


Il mappamondo

Carmine Abate


Ricca di andate e ritorni, scatti improvvisi, gorgheggi ed indecisioni, la vita è come il ballo della foglia, che conduce inesorabilmente verso terra. E proprio nei termini di questo "ballo tondo" si svolge per Carmine Abate la vita. Molteplici i venti che sbatacchiano e conducono la foglia nella sua caduta. Da un lato, la tensione verso un passato mitico e lontano, risonante di leggende e rapsodie antiche, al confine tra ninnananne e formule magiche. Dall'altro, la necessità economica e sociale di spostarsi in terra straniera per non sentirsi stranieri e lontani da sé a casa propria.
"Il ballo tondo" si configura, in questo modo, come la ricerca di un'identità costruita sull'incrocio di tradizioni diverse, vissuta come confluenza e punto d'equilibrio, forse instabile, di nazioni differenti ed un tempo anche nemiche.
Carmine Abate sceglie l'italiano, lingua per lui quasi straniera, intrecciata a rimandi in arberesh e tedesco, per raccontarci la storia della famiglia Avati a Hora, un piccolo e quasi mitico villaggio di origine albanese del profondo sud Italia. Protagonista è Costantino, figlio più piccolo di Francesco Avati, attraverso i cui occhi vengono rappresentate le personalità che lo circondano e che sfaccettano la sua crescita. Dal padre, emigrato in Germania, al maestro di scuola, al quale i bambini chiedono sempre di parlare in arberesh, la loro lingua madre, alle sorelle Orlandina e Lucrezia, per cui l'amore diventa un sofferto strumento di fuga.
Figura emblematica è quella del "nani" o nonno Lissandro, depositario di un'epoca e di una cultura che vanno ormai scomparendo. Legato alla terra come una vecchia quercia, Lissandro apre il romanzo con un rito antichissimo, recandosi col mulo alla spiaggia e baciando la sabbia dove i suoi antenati, profughi dalla nativa Albania, sbarcarono oltre quattrocento anni prima. E' lì che Costantino, in un'aura da profezia annunciata, vede volare la grande aquila bicefala, che lega col suo volo le terre ataviche e quelle nuove, straniere o forse ormai non più, delle popolazioni in esilio per scelta e necessità.
"Il ballo tondo" è un romanzo da leggersi a voce alta: il ritmo e la musicalità della lingua completano il fascino di un libro che si avvale della presenza di figure che si muovono in un contesto mitico. E' indicativa la scelta dell'italiano come lingua della narrazione: Abate, così facendo, decide di porsi nei panni del lettore italiano e raccontargli il passato importante di un popolo così vicino, ma sconosciuto, come quello albanese. Con una lingua che non è la propria, l'autore si pone al di fuori dalla cultura della sua gente per potere meglio descrivere, con un occhio non coinvolto, situazioni che potrebbero non essere comprese se descritte dall'interno. L'italiano diventa, così, filtro e tramite comunicativo tra due culture, di cui Abate diventa l'interprete. Solo questa sua condizione a metà, di straniero in patria o cittadino all'estero, gli permettono di comprendere la cultura atavica e di poterla "tradurre" per il lettore che siede dall'altra parte dell'Adriatico.
Abate ci svela, poi, che l'identità non è fatta solo di tradizione e radici ben confitte nel terreno, ma anche della mescolanza e della molteplicità di esperienze che fanno l'uomo individuo singolo, ma comunque parte di una comunità. E' lontano da casa, dove la tradizione non si da mai per scontata, ma diventa elemento straordinario per non disperdere il proprio io, che l'individuo ritrova forte il passato del suo popolo. E' la, d'altronde, che le culture straniere non lo trasformano in uno "sradicato", ma, anzi, ne fanno quel "melting pot" che rinforzando le radici, ne allargano anche fusto e chioma.
Con un bel romanzo che diventa anche lucida analisi sociologica, Abate dipinge, schizza e ritrae la condizione dell'emigrante, figura da sempre ed oggi, come non mai, di straordinaria attualità.
Carmine Abate, nato in Calabria a Carfizzi, paese di origine albanese, vive da molti anni in Trentino. Dopo il successo de "La moto di Scanderbeg", altro capitolo della grande saga arberesh, ha pubblicato, sempre per Fazi editore, questo suo primo romanzo, già tradotto in Germania, Albania e Kosovo.